Primo Maggio, Stefano Chiovini: “Vi racconto la mia vita da precario, ma il peggio è
“La precarietà del lavoro? Resta, ma il peggio direi che è passato. Anche perché di peggio manca giusto l’invasione degli extraterrestri”. Ci fa una risata sopra Stefano Chiovini, 50 anni, che è da poco tornato al proprio lavoro, progetti illumino-tecnici nel mondo dello spettacolo, “ma sono dovuto entrare in una cooperativa, perché ora il sistema praticamente ti costringe a questo”.
Però ha vissuto momenti brutti, di grande incertezza.
“Anzi, la certezza c’era: la disoccupazione. Siamo passati da mille eventi a zero di botto. Tanto che mi sono dovuto reinventare, e in quel periodo ho fatto il rider”.
Ha temuto di non poter tornare a occuparsi di spettacolo?
“Eccome! Anche se ho sempre avuto una fiducia di fondo, visto che nel settore ho fatto di tutto, dal facchino all’operaio. E adesso ho sviluppato una professionalità che ero sicuro avrebbe pesato per un mio eventuale ritorno”.
E allora cosa non la lasciava tranquillo?
“Anzitutto che dei lockdown non si vedeva la fine. E poi la quantità di persone del mio settore che l’hanno abbandonato per dedicarsi a tutt’altro, privandoci di competenze importanti. Questo certo ha facilitato l’ingresso dei giovani, che però hanno altri contratti meno saldi e sicuri, perché rispetto a prima il sistema è meno regolamentato”.
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